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ORARI DI LAVORO DEI MEDICI: gli ospedali aggirano le regole Ue, ecco come fanno
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- Pubblicato Martedì, 14 Novembre 2017 13:02

Il primo è il ritorno alla vecchia formula del mattino-notte che intacca le 11 ore di riposo di legge: il medico stacca a fine mattinata, riposa poche ore, rientra per la notte e fa il turno e poi recupera il giorno dopo. La seconda è la "stimbratura fittizia": il medico smonta dalla notte e timbra ma resta in servizio nelle ore del mattino, non per l'attività clinica bensì per quella burocratica (lavoro di gestione, lettere di dimissione) che non comporta particolari responsabilità cliniche. Terza modalità: il riposo-spezzatino che fa perno su una disposizione della legge 133/2008 unica in Europa (e da far valutare alla Corte di Giustizia di Strasburgo) secondo cui la continuità del riposo può essere modificata da regimi di reperibilità: il medico può essere chiamato per due ore interrompendo il riposo e poi staccare. In questo modo, le 11 ore di cui doveva fruire continuativamente a partire dalla chiusura della chiamata in reperibilità vengono ricalcolate in funzione dei riposi precedenti o successivi». Si è detto da parte dei manager che le interpretazioni creative delle leggi hanno evitato tagli ai servizi o allungamento dei tempi d'attesa. «Le aziende però -replica Palermo- sanno che il mancato riposo accresce le probabilità di errore dell'operatore ed è pericoloso pure per loro, chiamate a rispondere per responsabilità contrattuale in caso di danno al paziente». Tra gli altri capitoli chiave in trattativa ci sono l'utilizzo delle retribuzioni individuali di anzianità liberate dal personale che va in pensione, da destinare in particolare alla crescita professionale, e l'inclusione dell'indennità di esclusività nella massa salariale, che condiziona la parte economica. «Un conto è attribuirci un aumento del 3,5% complessivo calcolato su una busta paga media senza indennità, un altro lo stesso aumento calcolato con l'inclusione dell'indennità». Sullo sfondo, la necessità per il governo di trovare risorse in Finanziaria, dopo che il miliardo di aumento del Fondo sanitario nazionale da cui pescare per gli aumenti sarà decurtato dei 600 milioni di contributo previsti a carico delle regioni a statuto ordinario. «Le Regioni hanno le loro ragioni- dice Palermo- ma per legge avrebbero dovuto accantonare negli anni le risorse per i nostri contratti; mettere oggi in opposizione gli aumenti e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza è un aut aut inaccettabile».